Ma non potremmo usare invece l’idrogeno o il metano?

Ultimo aggiornamento: 2022/09/07.

Purtroppo per il momento no. L’idrogeno è effettivamente più pulito da usare in alcuni tipi di auto rispetto alla benzina o al diesel, ma:

  • produrlo costa moltissimo
  • immagazzinarlo è estremamente difficile
  • trasportarlo anche
  • per farlo circolare in un motore servono acciai e rivestimenti molto costosi
  • se lo si usa bruciandolo (come fanno alcuni veicoli a idrogeno) inquina tanto lo stesso. 

Due tipi ben diversi di auto a idrogeno

Bisogna innanzi tutto distinguere fra i due modi di usare l’idrogeno nei veicoli.

  • Combustione: l’idrogeno viene usato come carburante in un motore a pistoni appositamente modificato. Questi veicoli si chiamano HICEV, dalle iniziali di Hydrogen Internal Combustion Engine Vehicle. Non emettono CO2 ma producono NOx (ossidi di azoto) molto inquinanti. Queste auto non sono a emissioni zero.
  • Reazione chimica: l’idrogeno viene immesso in un dispositivo chiamato, in modo molto ingannevole, cella a combustibile (fuel cell in inglese), dove non viene bruciato ma viene sottoposto a una reazione chimica che genera elettricità, che carica una batteria che alimenta un motore elettrico. Queste auto sono considerate a emissioni zero.

Nel 2007 BMW ha prodotto un numero limitato di esemplari della berlina Hydrogen 7, a combustione di idrogeno (quindi HICEV), capaci di usare anche benzina. Toyota ha annunciato lo sviluppo di un’auto a combustione di idrogeno nel 2021.

La Toyota Mirai è invece un’auto a idrogeno con cella a combustibile.

Non è opportuno usare l’idrogeno direttamente come carburante, perché bruciare idrogeno produce NOx (ossidi di azoto) inquinanti. Questo è inevitabile quando si brucia qualunque cosa in aria, perché la combustione ossida l’azoto dell’atmosfera (Appraisal of Domestic Hydrogen Appliances, Gov.uk, 2018, p. 18; Union of Concerned Scientists, 2020). Il fenomeno si può ridurre, ma quasi sempre con grandi perdite di efficienza (Hydrogen applications in transport - University of Leeds, 2019, p. 35). Alcuni motori riescono a ottenere riduzioni notevoli (Hydrogen Assisted Jet Ignition for the Hydrogen Fuelled SI Engine, p. 10 Figura 9).

Il monossido di azoto (NO) è tossico ad elevate concentrazioni e l’esposizione prolungata causa difficoltà respiratorie. Il diossido di azoto (NO2) è uno dei principali inquinanti attuali e causa problemi respiratori.

Questa è una mappa della concentrazione di NOx in Italia a marzo 2019, pubblicata dall’Agenzia Spaziale Europea usando i rilevamenti del satellite Copernicus-Sentinel-5P (fonte). I dati aggiornati vengono pubblicati presso Maps.s5p-pal.com.

L’idea che bruciare idrogeno produca solo vapore acqueo è un errore molto diffuso, dovuto alla confusione con i veicoli elettrici a idrogeno che usano questo gas mediante celle a combustibile (fuel cell). Questi veicoli con celle a combustibile non bruciano l’idrogeno che consumano, non coinvolgono l’azoto e quindi non hanno questo problema ed effettivamente emettono soltanto calore e vapore acqueo (Hydrogeneurope.eu). 

Oggi esistono già auto a idrogeno sperimentali che hanno autonomie assolutamente rispettabili e paragonabili a quelle delle auto a benzina o diesel.

Entrambi i tipi di auto a idrogeno hanno inoltre il problema dell’immagazzinaggio a bordo di questo gas, che è difficile da trasportare in quantità che consentano autonomie significative, ma questo è un problema tecnicamente risolvibile.

Hanno anche il problema che l’idrogeno richiede costose leghe speciali per tutte le parti metalliche con le quali viene in contatto, perché questo contatto rende fragili le leghe normali (il fenomeno si chiama infragilimento da idrogeno o hydrogen embrittlement).

Un altro errore molto frequente è pensare che le auto a idrogeno siano particolarmente pericolose in caso di incendio: in realtà una fiammata di idrogeno si propaga verso l’alto, allontanandosi dall’abitacolo, perché l’idrogeno è molto più leggero dell’aria, mentre una fiammata di vapori di benzina rimane al livello del suolo e avvolge l’auto. 

Chiarita questa distinzione e smontati questi miti, bisogna considerare la questione della produzione dell’idrogeno per questi veicoli.

Come si produce l’idrogeno?

La fonte principale dell’idrogeno, oggi, è costituita dagli idrocarburi, per cui si rimane dipendenti dai paesi petroliferi. La fonte alternativa di idrogeno è l’acqua, che può essere scissa in ossigeno e idrogeno usando l’elettrolisi. Ma l’energia elettrica necessaria per ottenere idrogeno in questo modo è molto superiore all’energia che si può poi estrarre dall’idrogeno prodotto: tanto vale, allora, usare l’energia elettrica direttamente per caricare delle batterie, salvo casi molto particolari.

Tuttavia non si può escludere che in futuro emergano nuove tecnologie che consentano di ridurre i costi di produzione e i problemi di immagazzinaggio e trasporto.

Per il momento, però, queste tecnologie non ci sono, e l’idrogeno oggi si divide in “marrone” o “grigio” (che ha un forte impatto ambientale a causa dell’inquinamento generato per produrlo) e in “blu” o “verde” (che ha un impatto ambientale modestissimo grazie alle tecniche speciali, oggi costose, usate per produrlo). Il problema è che attualmente solo lo 0,7% dell’idrogeno prodotto è “blu” o “verde”.

Le filiere e i problemi di produzione dell’idrogeno hanno grande varietà e complessità: se volete farvi un’infarinatura, c’è un rapporto dettagliato dell’Energy and Strategy Group del Politecnico di Milano, intitolato Hydrogen Innovation Report 2021, che trovate riassunto in italiano qui.

Come si rifornisce un’auto a idrogeno?

Rimane il problema di costruire la rete di rifornimento: non solo è necessario realizzare dal nulla le stazioni di servizio, ma è anche necessario convincere la popolazione ad accettare il rischio di avere vicino a casa un grande serbatoio pieno di idrogeno.

In questo momento (2022), le stazioni di rifornimento operative sono pochissime in tutto il mondo e il costo del rifornimento è molto elevato.

Le stazioni di rifornimento di idrogeno, inoltre, hanno occasionali problemi di sicurezza, anche se meno sensazionali di quello che si potrebbe pensare. Una di esse, situata a Oslo, ha prodotto un’esplosione il 12 giugno 2019: una perdita di idrogeno ha generato una nube infiammabile, invisibile all’aria aperta, che ha preso fuoco causando un’onda di pressione. Quest’onda di pressione ha attivato l’airbag di un’auto nelle vicinanze, ferendo due persone.

Confronto auto a idrogeno / auto elettrica, in dettaglio

Il seguente video di Real Engineering fa il punto a proposito dell’idrogeno come alternativa alle batterie, non solo per la mobilità terrestre ma anche per l’aviazione, in termini di efficienza energetica. I dati risalgono al 2018, per cui non sono recentissimi e nel frattempo prezzi e tecnologie hanno subìto evoluzioni notevoli, però i concetti di fondo mi sembrano validi e Real Engineering di solito lavora bene. Ne riassumo qui sotto i concetti principali.

Sia l’auto elettrica a batteria, sia l’auto a idrogeno moderna sono in realtà auto elettriche: entrambe sono spinte da un motore elettrico. La differenza sta nel modo di trasportare a bordo l’energia che muove quel motore.

In un’auto elettrica “tradizionale”, l’energia viene immagazzinata in batterie; in un’auto a idrogeno viene tenuta in uno o più serbatoi di idrogeno, che alimentano una cella a combustibile (fuel cell) in cui, nonostante il nome, non avviene nessuna combustione termica tradizionale e quindi le emissioni nocive sono minime. Questa cella genera elettricità che carica una batteria, più piccola di quella di un’auto elettrica, che a sua volta alimenta un motore elettrico. La batteria può essere caricata mentre l’auto è in movimento.

Entrambe le soluzioni eliminano l’inquinamento e le inefficienze dei motori a pistoni. Idrogeno ed elettricità per caricare le batterie possono essere entrambi prodotti con fonti a basso impatto ambientale e rinnovabili.

A prima vista l’idrogeno sembra molto più promettente. Se compresso, un chilogrammo di idrogeno contiene circa 40 kWh. Un chilo di batterie per auto contiene mediamente circa 0,167 kWh: 236 volte meno. Questo significa che è molto più facile costruire auto a idrogeno a lunga autonomia e molto leggere (e quindi più efficienti e capaci di andare più lontano con lo stesso consumo energetico). Per l’aviazione, dove il peso conta moltissimo, questa differenza di rapporto peso/energia è fondamentale.

Un’auto a idrogeno può rifornirsi in pochi minuti, mentre un’auto elettrica al momento richiede, nel migliore dei casi, almeno venti minuti per una carica che le dia autonomia significativa.

Ma l’idrogeno ha problemi notevoli se si considera l’intera filiera di produzione. Infatti attualmente l’idrogeno costa molto più della corrente elettrica equivalente: il video, nel 2018, cita un costo di energia di 2,4 centesimi di dollaro/chilometro per un’auto elettrica (una Tesla Model 3) e un costo di 17,7 cent/km per l’idrogeno equivalente. Sette volte di più. 

Secondo questa fonte in Italia l’idrogeno, disponibile al momento in pochissime stazioni di servizio (sei in tutto, secondo questa mappa, più quella di Venezia), costa 12 euro più IVA al kg alla stazione H2 Brennero (l’IVA dovrebbe essere il 4%) e la Hyundai Nexo a idrogeno fa circa 800 km a 70 km/h con 6,3 kg di idrogeno, per cui a velocità autostradali ne fa probabilmente 600, con un costo di circa 12 eurocent/km. Anche qui siamo ben lontani dalle economie dell’auto elettrica.

Produrre idrogeno, infatti, richiede moltissima energia, e l’energia costa.

  • Negli Stati Uniti, la maggior parte della produzione avviene tramite steam reforming (reforming con vapore), un processo che combina vapore ad alta temperatura e gas naturale. Questo processo richiede molto calore ed è enormemente inefficiente, tanto che l’idrogeno prodotto in questo modo contiene meno energia del gas naturale di partenza. Inoltre questo processo è inquinante e dipende in ogni caso dal gas naturale.
  • Un altro modo di produrre idrogeno è l’elettrolisi: la scissione dell’acqua in idrogeno e ossigeno tramite applicazione di una corrente elettrica. Questa corrente elettrica potrebbe essere generata tramite fonti pulite e rinnovabili, magari usando le eccedenze di produzione delle centrali, ma il procedimento ha una perdita di circa il 30%: in altre parole, l’idrogeno prodotto contiene solo il 70% dell’energia che si consuma per generarlo.
  • Una variante dell’elettrolisi è la PEMS (polymer exchange membrane electrolysis) o elettrolisi a membrana di scambio polimerica. È molto più promettente: raggiunge efficienze dell’80% e consente la produzione in loco.

Le batterie delle auto elettriche, invece, hanno un’efficienza di circa il 99% come rapporto fra energia elettrica immessa ed energia immagazzinata dalla batteria. In termini di rapporto fra energia consumata complessiva per chilometro, insomma, l’idrogeno perde nettamente il confronto.

L’idrogeno va poi trasportato e immagazzinato. Se si elimina il trasporto con la produzione in loco le cose migliorano, ma resta il costo di immagazzinaggio.

Lo si può immagazzinare altamente compresso (790 atmosfere), ma la compressione richiede circa il 13% dell’energia contenuta.

In alternativa, lo si può raffreddare e rendere liquido, e questo permette di avere serbatoi meno pesanti di quelli pressurizzati. Ma le proprietà fisiche dell’idrogeno richiedono che la liquefazione avvenga a -253°C, e questo raffreddamento ha un costo energetico complessivo di circa il 40%. Per cui la pressurizzazione è il metodo meno inefficiente.

A questo punto c’è la questione del trasporto. La produzione in loco la elimina, ma un impianto piccolo locale è meno efficiente di un grande impianto, per cui il costo finale rischia di non essere molto differente. Se il trasporto avviene via autocisterna o condotte, le perdite energetiche possono variare dal 10 al 40%.

Il trasporto dell’energia elettrica che carica le batterie delle auto elettriche, invece, ha perdite energetiche di circa il 5%.

Combinando tutte queste perdite di generazione, immagazzinaggio e trasporto, insomma, l’idrogeno risulta essere molto inefficiente.

Non è finita: una volta generato l’idrogeno e immesso nel serbatoio dell’auto, bisogna convertirlo in energia elettrica. L’efficienza di questo processo è circa il 60%: il resto se ne va in calore.

Nelle batterie, invece, l’efficienza di conversione complessiva, tenendo conto delle perdite dovute alla trasformazione da corrente alternata a corrente continua e ad altri fattori, è circa il 75%.

Qui c'è uno schema pubblicato nel 2017 da Transport and Environment:

In sintesi: al momento l’auto a idrogeno offre tempi di rifornimento rapidi e lunghe autonomie, ma a costi enormemente superiori a quelli di un’auto elettrica tradizionale.

E il metano, invece?

Anche per il metano, il problema è che la sua combustione non è affatto pulita, come spiegano il CNR e questo studio di Transport and Environment, spiegato in italiano da Qualenergia.