Come ho raccontato nelle puntate precedenti, il 3 giugno ho acquistato TESS, una Tesla Model S 70 di seconda mano del 2016, prendendola online direttamente da Tesla, spendendo poco meno di 35.000 euro (37.300 CHF). Sto ora cominciando a testarla con cautela, usando comunque ELSA, la mia piccola Peugeot iOn elettrica con nove anni di vita, per quasi tutti gli spostamenti cittadini e locali. La Tesla ha manifestato qualche magagna che andrà sistemata.
Cominciamo con le cose positive: l’auto è piacevole, scattante, silenziosa e comoda. Con oltre 300 km di autonomia a velocità autostradali, l’ansia di restare senza carica semplicemente non esiste per tutti i viaggi normali che devo fare. La capienza del doppio bagagliaio è spettacolare. Sono 895 litri in tutto, con i sedili posteriori alzati: 745 litri in quello posteriore, più 150 litri in quello anteriore (sì, la Model S ha due bagagliai). Se abbatto i sedili posteriori, diventano 1645 dietro più 150 davanti, per un totale di 1795 litri.
Questo è mio figlio Liam in quello anteriore (foto pubblicata con il suo permesso), che è quello piccolo:
Sì, ho lasciato visibile la targa. Mi va bene così perché è una targa scelta apposta e ispirata a Star Trek. |
La funzione Easy entry è un sogno da nerd di fantascienza. Vi ricordate le Aquile di Spazio 1999? Quelle astronavi che avevano i sedili di pilotaggio scorrevoli? Succede lo stesso qui. Ogni conducente ha un profilo utente personalizzabile per vari parametri, compresa la posizione del sedile e del volante; quando slaccio la cintura di sicurezza, il sedile scorre indietro e il volante si sposta per facilitarmi l’uscita. E su un’auto bassa come questa, uno spilungone come me la differenza la sente. Ma soprattutto, confesso che ogni volta che salgo a bordo mi sembra di essere Alan Carter :-)
Altre piccole gratificazioni da nerd informatico: la connessione permanente a Internet della Tesla mi permette di monitorarla mentre è in garage. Ho un’automobile sulla mia rete locale.
Puro nerd porn :-) |
L’auto in realtà non è mai “spenta”: è solo in standby, in attesa di ricevere comandi. Gli aggiornamenti software funzionano egregiamente e ne ho già fatto uno.
Gestire l’auto tramite i comandi vocali è efficace: permette di tenere le mani sul volante e il riconoscimento funziona bene (però va detto che ho scelto l’inglese come interfaccia per evitare problemi con il riconoscimento in altre lingue, che ha un database minore).
L’interfaccia utente tramite il grande tablet centrale è un po' complessa e labirintica, ma si impara in fretta. Anche l’integrazione con l’app sul telefonino è robusta e permette di preraffrescare o preriscaldare l’abitacolo, chiudere o aprire l’auto a distanza e (cosa essenziale in un’elettrica) monitorare lo stato di avanzamento della sessione di ricarica mentre si è lontani dall’auto, per esempio al ristorante. Ma qui sta il problema.
Niente connettività cellulare; difficoltà di assistenza
La prima magagna è che la connettività cellulare non funziona. La Tesla integra una SIM con connessione dati permanente (roaming pagato da Tesla), ma la SIM non si collega alla rete cellulare. Ho già provato a fare reboot senza ottenere miglioramenti. Sì, ho un’auto alla quale capita spesso di dover fare reboot, e la cosa è surreale. E ci sono almeno cinque modi diversi per farlo.
Vorrei segnalare la questione a Tesla, ma le segnalazioni di guasto si fanno solo online tramite l’app o l’auto. Si preme il tasto di riconoscimento vocale, si dice “bug report”, si descrive il problema: ci pensa l’auto a mandare all’assistenza Tesla la telemetria, gli screenshot, il log e lo stato del veicolo via Internet. Non si parla con un essere umano. Sarà eventualmente una persona di Tesla a chiamare, se il problema non è risolvibile tramite assistenza remota. Infatti stamattina, poco prima della pubblicazione iniziale di questo articolo, ho ricevuto una chiamata da Tesla (filiale di Cham), in italiano, che mi ha comunicato che il problema è in fase di esame tramite diagnosi remota. I vantaggi delle auto connesse ci sono.
Già, ma il riconoscimento vocale funziona solo se l’auto si connette, e la SIM per la connessione non funziona. Esco dal vicolo cieco attivando un hotspot sul telefonino e collegando l’auto a Internet via Wi-Fi. Invio il bug report. Sull’app mi arriva la prenotazione per l’intervento di assistenza, che però si sposta di data in continuazione e poi sparisce, contornata da una sequenza di mail, tutte in tedesco (non sembra esserci modo di averle in italiano o inglese) e piuttosto contraddittorie. Boh. Non è un buon segno.
Di fatto, la Tesla non si connette, salvo quando uso l’hotspot, e quindi non carica le mappe nel navigatore, non calcola i percorsi con le tappe di ricarica e non è monitorabile o comandabile a distanza quando la parcheggio, se non lascio un hotspot cellulare a bordo. Posso ancora usare l’auto, quindi non è un problema critico, ma è pur sempre una magagna che non ci dovrebbe essere.
[2020/06/19 17:30: Magagna risolta. La connettività cellulare si è riattivata dopo un intervento da remoto fatto dall’assistenza tecnica di Tesla]
La carica rapida non è mica tanto rapida
Il primo esperimento di carica rapida è una delusione: le colonnine Supercharger di Tesla caricano fino a 120 kW (in alcuni casi anche oltre), ma TESS non raggiunge questo livello nemmeno lontanamente. Al Supercharger di Melide, con l’auto carica al 45%, non ha superato i 41 kW.
Certo, sono sempre 200 km di autonomia in un’oretta di carica, ma non è quello che ci si aspetta leggendo le informazioni pubblicate da Tesla.
È possibile che il software di gestione della batteria di TESS stia limitando la carica rapida per proteggere la batteria e farla durare più a lungo, o che il Supercharger sia limitato temporaneamente (anche se non ci sono altre auto sotto carica); un commentatore dice che la sua S 75 caricava al massimo a 94 kW quando era quasi scarica ed era normale. Da investigare.
[2020/06/19 17:30: Tesla mi ha contattato a voce chiedendo data, ora e risultati dei vari tentativi di carica, e ha detto che studierà la situazione per capire se si tratta di un’anomalia o se è la normale variabilità della gestione della batteria]
Inoltre l’adattatore CCS fornito da Tesla, che in teoria mi consentirebbe di caricare TESS anche alle colonnine CCS, non funziona. Ho provato sullo stesso Supercharger (che, come quasi tutti, è dotato sia di connettore “vecchio” Tipo 2 adattato per la carica rapida in corrente continua, sia di connettore CCS) e la ricarica non parte. Ora resta da capire se l’adattatore è stato fornito per errore, come extra, senza però aver fatto le modifiche hardware necessarie all’interno dell’auto (esiste una conversione apposita, disponibile anche come retrofit, per le Tesla Model S e X, che hanno il connettore Tipo 2, mentre le Model 3 e Y escono già di fabbrica con il connettore Tipo 2/CCS e relativo hardware di gestione). Oppure i Supercharger riconoscono che TESS è dotata di connettore Tipo 2 e quindi si rifiutano di passare attraverso l’adattatore. Devo provare su una colonnina non-Tesla (aggiornamento: ho provato e non va neanche lì). Altra magagnina, comunque.
[2020/06/19 17:30: Tesla sta indagando per capire come mai mi è stato dato l’adattatore e per verificare se a TESS è stato installato o no il retrofit per il supporto del CCS]
Riprovo al Supercharger di Monte Ceneri qualche giorno dopo, facendo anche il preriscaldamento della batteria (che parte automaticamente se si imposta come destinazione un Supercharger). Avviando la ricarica con la batteria al 35%, TESS non supera i 60 kW.
Va un po’ meglio qualche giorno dopo, sempre a Melide: arrivo con il 19% e la carica va a 80 kW, per poi calare a 63 kW intorno al 43%. Ho comunque aggiunto 17 kWh, ossia circa 90 km, in 15 minuti.
Secondo le informazioni trovate dai commentatori e pubblicate su A Better Route Planner, a maggio 2019 la batteria BT70 (quella di TESS) ha ricevuto un aggiornamento software che ne ha ridotto leggermente la curva di carica: quella attuale è quella verde.
Per contro, la carica lentissima in corrente alternata, quella che si fa normalmente di notte a casa, funziona senza problemi: il caricatore 220V fornito fa il suo dovere e l‘auto consente di abbassare l’amperaggio da 10A fino a 5A, per cui l’assorbimento è accettabile anche su un impianto dotato di contatore standard italiano da 3 kW. Ovviamente la velocità di ricarica è ridottissima di conseguenza (l’equivalente di circa 6 km di autonomia per ogni ora di carica, se si va a 5A), ma nel giro di una notte comunque si mette su qualche decina di chilometri di autonomia riducendo al minimo lo stress sulla batteria e sul contatore (a casa non ho problemi, posso caricare fino a 11 kW).
Anche la carica in corrente alternata alle colonnine Tipo 2 di altri fornitori funziona regolarmente: l’auto carica a 11 kW.
Insomma, c’è del lavoro di debug importante da fare. Chi si avvicina al mondo dell’auto elettrica deve sapere che non è tutto rose e fiori, neppure quando si sceglie una Tesla.